I Nuovi DOMINUS : I GIGANTI della Paura (distruttori di speranze)

Dedicato alla Grande Milano di Sala.

Come si tiene e si sottomette  un territorio e, da dove parte l’input  mafiotico dell’annientamento?  Spesso, come succede in questi giorni, lo strombazzare delle meraviglie commerciali in centro legati a grosse catene (Caffetteria) sono un preludio agli accordi (sottaciuti) commerciali metropolitani, con distretti cinesi ad ”ovest di paperino”.

Chi ne usufruirà di tale saggezza imprenditoriale condotta da  malinconici manager  e attivi Broker, affiancati da una pletora di avvocati simil consulenti, veri legulei dei trattati -a favore di chi- si sa con certezza (citati sopra).

Parte il road show con caffetteria al centro e chincaglieria & cineseria  in periferia, sembrerebbe il motto, che va ad incastonarsi in un tessuto urbano cronicizzato e magnificato dal ”tanto a poco prezzo”. E quando non basta quel poco ecco intervenire  la brillante nuova finanza  schiavista; un carta di credito non la si rifiuta a nessuno! E se non basta, via con la seconda e la terza con aggiunzione anche della cessione del Quinto (ma de che). Un tourbillon  di spesa da rendere felice (e schiavi) gli ignari che poi si arrangiano  nelle Lotterie  per il riscatto definitivo dal mostro che li divora: Sovraindebitamento è il suo nome!

Sarà un caso che tutto il marchingegno ruota intorno all’estasi  ed enfasi  consumistica nazional-popolare, nuova droga familiare da inoculare ed attendere gli effetti desiderati; schiavitù, dipendenza sociale e politica, e abbruttimento personale  dei malcapitati. Chi mai potrà spezzare questa catena  che vede effetti collaterali nella cancellazione del “riposo Domenicale“ tanto caro a Sua Santità, niente riflessione per chi spende e per chi serve  la Messa pagana, forse un voto pilotato o indirizzato a liberare  le coscienze invitate a trasferirsi ad Avellino(sic).

Come si dipana questa matassa  che coinvolge la più grande Organizzazione politica d’Italia o forse d’Europa (omissis) che dispone  del braccio armato, edificatrice per intercettare le <masse > scacciate dal centro città e scaraventate o scolate in periferia dove ad attenderle trovano  palazzi, che d’estate  si condizionano e d’inverno si climatizzano, una vera goduria dei mutuatari trentennali!

Sotto la pressione di cuccioli di figli, ignari  del luogo spingono alla spesa  per non sentire l’orribile peso della povertà, no,  non si può infliggere  questa sciagurata misura a “stè creature”.

E via con la prima (Agos) e subito la seconda (Findomestic) e se proprio c’è da comprare la macchina bella e nuova, via con la cessione del Quinto, contando naturalmente sempre sull’eventuale Carrefour Bank, “dobbiamo pure fare la spesa e dar da mangiare ai figli, e che diavolo, suvvia”!

Naturalmente senza soffermarsi molto se si abita in una topaia  o in un lupanare, sono case popolari e nessuno ci sfratta…sembra un refrain di canzone neomelodica.

Cos’ ha di  sconcertante il progetto manageriale? Non ha tenuto conto delle piccole realtà locali, esercizi commerciali, piccole botteghe di artigiani o di servizi; ma qui entrano in gioco  gli accordi “ad Ovest di Paperino”: la grande Muraglia, che disponendo liquidità enormi infila come una collana di perle – o se vogliamo grani di rosario- compravendite di  bar o trattorie da trasformare in piccole sale di lotterie.

Non più bistecche  e  profumati  ragù, ma  tanti vizi e poche virtù, con l’oppiaceo effetto di rendere visibile l’ipotetico miraggio di “pronta ricchezza” e possibile riscatto!

Cosa determina  come effetto collaterale tutta questa febbre  da cavallo sul territorio beneficiato da questa attenzione dal “manager di Città”, ovvero il borgomastro  Sala?

Solo devastazione urbana commerciale e personale, forme di schiavitù autorizzate  con lo scopo di tenere le masse consumatrici  del poco prezzo  ma soddisfacimento del consumo reiterato da trasmettere  geneticamente anche ai figli (coazione ripetitiva), in modo da  non permettergli di affrancarsi, e con il solido sostegno del cordone ombelicale  creato dalla Paura di essere un emarginato  non buono neanche per una CARTA  REVOLVING (omen nomen). Quello che una volta fungeva da catalizzatore  d’identità  cittadina, lo scomparso ”Credito” elargito dal bottegaio (negoziante)  che riconosceva e stimolava il patto morale che sta alla base della  riconosciuta cittadinanza cittadina, oggi viene svolto sul nastro della paura soggettiva del non essere riconosciuto come consumatore affidabile  e di conseguenza determinare lo stato  d’insolvenza  e “bollato” al pubblico ludibrio  attraverso il CRIF acronimo  di tutti emarginati  non buoni a garantirsi  una maledetta carta-doping.

Non più povertà e semplicità (Papa Francesco)  come modus  vivendi, ma dannati e schiavi, perché di questo si tratta, spingere sempre di più in periferia drogandoli e incanalandoli  verso  i Centri commerciali a cui fa da spazzino  le finanziarie e  slot  machine, con l’effetto collaterale devastante  di furti, scippi e delinquenza spicciola  che ritorce addosso  il senso di quella paura all’origine di questo comportamento  doloso  ereditato dalla filosofia del Manager di Città…e la sua potente Organizzazione  di  raccolta consenso.  Si disperde “l’inno alla gioia” e  si cristallizza  il filo della Paura, antropologicamente molto semplice; dalla speranza scaturisce la gioia che ha come frutto l’autodeterminazione, l’orgoglio e l’ indipendenza dell’individuo, espressione del vincolo d’amicizia universale, restia  a cedere  e a soccombere individualmente. Come naturale contraltare  la Paura, che assoggetta gli individui  piegandoli in quell’incertezza  ancestrale del “doman non v’è certezza” e perciò indifesi e dipendenti  di ogni sorta di scoramento. Venite dunque  nella Città della dipendenza, e rimanga scolorito  e un lontano ricordo quel “ritorno” alla dimensione divina dell’essere umano tanto cara all’Antica Grecia, e dissolvendo quel tessuto sociale che era  il suo primo bastione di umanesimo, ovvero  la vicinanza e comunione d’intenti e di libertà intesa come libero arbitrio ed embrione del Magnificat  fattosi  Comunità.

Solito e ripetitivo  modello di sviluppo,  niente ”Modello di Vita”, lungi da venire per i promotori di Città Nova!

Barbarie del nuovo secolo e corso Municipale da consegnare ad eserciti di  pellegrini viandanti spendaccioni,  a cui non serve  alzare lo sguardo, per visionare  la banalizzazione dei luoghi storici, ma come contro passo infangare e infrangere il precario e delicato equilibrio ambientale  ed ecologico della Città, a cui va addossato l’enorme lascito di spazzatura di questo incauto  ma provvido passaggio…

Personalmente, come epitaffio, preferisco le piccole testimonianze delle pecore  che vanno alla transumanza. Un vecchio proverbio francese recita: “A pecora tosata,  Dio misura il vento!  A brebis  tondue, Dieu mesure le vent…”.

A testimonianza della grande ed effimera Milano. Leggi qui

 

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Un commento

  • Emilio

    Un’analisi capillare ed esauriente dal punto di vista dei contenuti e dell’approfondimento, densa di allegorie, citazioni e richiami alla storia, alla filosofia, alla religione, alla saggia memoria popolare e a una notevole conoscenza delle dinamiche sociali, economiche e culturali del nostro martoriato tempo. Il luccichio delle vetrine del centro che nasconde povertà e debolezze non solo economiche e finanziarie ma anche morali e comportamentali di una periferia non solo metropolitana ma geografica e culturale, insieme alle ignobili dinamiche alla sfrenata ricerca del facile ed emotivo consenso elettorale piuttosto che una meditata valutazione del decadimento generale dell’Umanitas dei vari soggetti deputati ad impegnarsi per la crescita generale ed il bene comune, bonchè la mancanza di una “coscienza” interiore capace di ribellarsi e sovvertire la quasi ormai ineluttabile dipendenza dal consumismo e ostentazione di un falso benessere e alla perversa ed opprimente schiavitù del debito a vita e della svendita della propria anima e della propria dignità di uomini ed essere pensanti. Hai detto tutto caro Francesco, col tuo linguaggio scorrevole e incalzante, a tratti irriverente e impietoso, a tratti ironico e punzecchiante, intriso di una cultura profonda dell’essere e delle cose. Cosa manca? Forse qualche parola in più per spiegare meglio le proposte tese a risolvere questa grave e dilagante piaga socio- economico-culturale o quanto meno le ricette immediate per arginare e contenere questo distruttivo fenomeno e lanciare le basi per una soluzione definitiva a medio e lungo termine. Complimenti Emilio D’Andrea

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